In via del tutto eccezionale, visto il focus temporale di questo blog (e della mia collezione), sto per scrivere di una console piuttosto recente, contemporanea al GameCube di Nintendo e alla Playstation2 di Sony, e cioè dell’ultima meraviglia prodotta da Sega, il canto del cigno della divisione hardware di questa leggendaria azienda: il Dreamcast.
Nonostante la mia sfrenata passione per i videogiochi e le macchine quali console e computer, all’epoca del suo ciclo di vita, questo oggetto straordinario ed innovativo è passato praticamente inosservato sotto i miei occhi.
Quando fu lanciata in Giappone, nel 1998, Non esisteva una grossa diffusione di internet, del web, dei forum e dei blog, ma leggevo moltissima stampa specializzata, la quale non dedicò nessuna particolare attenzione a questa console.
Ci sono molte scuole di pensiero, con diverse teorie differenti, che dibattono da anni sul perché e per come un tale concentrato di raffinata potenza tecnologica non sia riuscito a diffondersi presso il grande pubblico.
La principale tra queste sostiene che Sega, già duramente provata dal fallimento della precedente console – il Saturn – fosse ad un passo dalla bancarotta, e disponesse di un budget talmente esiguo da dover fare una scelta drastica tra lo sviluppo tecnologico della console stessa, e la massiccia campagna pubblicitaria che ha sempre contraddistinto questo marchio.
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